Oggi, grazie alle esperienze lavorative maturate nel contesto scolastico, mi viene naturale pormi il seguente quesito: quali e quanti sono gli spazi presenti nelle scuole italiane riservate al dialogo, al confronto e soprattutto all’ascolto?
Secondo un rapporto dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) la scuola italiana è tra le più ansiogene d'Europa, ma, nonostante questo, ancora non esiste una normativa che prescriva, in tutti gli istituti scolastici, uno sportello di ascolto psicologico. Quelli che esistono funzionano a progetto e sono aperti una o due ore a settimana per un bacino di centinaia, alcune volte, migliaia di studenti. In assenza di un quadro normativo statale, sono i singoli istituti comprensivi che possono decidere se ospitare o rifiutare il C.I.C. (Centro di Informazione e Consulenza), istituito dalla Legge n° 162 del 26 giugno 1990. Questo «Sportello psicologico» è in genere finanziato congiuntamente dalle scuole e dalle aziende sanitarie.
Perché questo spazio di ascolto dovrebbe esistere ed essere presente in ogni contesto scolastico?
Perché nella scuola dell’io, le dimensioni del sé, per quanto previste da programma, ordinamenti e persino raccomandazioni europee, risultano oscurate dal bisogno di sviluppare conoscenze e risorse con logiche appartenenti più al mondo informatico dei big data: accumulo conoscenze e imparo ad utilizzarne la gestione. Si avverte una certa distanza dai principi psicopedagogici che insegnano l’apprendimento e il senso caldo della scoperta.
Riprendendo il pensiero di Dewey si nota come la scuola, negli anni '50, fosse descritta come un luogo caldo, caratterizzato da solidarietà, senso di accoglienza e collaborazione operosa, con ricadute positive nel rapporto scuola-famiglia e docente-discente.
Dalla "scuola del padre", verticale e conservativa che esprimeva il conflitto transgenerazionale, siamo passati alla "scuola narciso" che afferma il desiderio individuale, svincolato da ogni legame sociale.
La scuola, ora, si modella sul piano orizzontale e il simbolismo dei ruoli si disperde rendendo complicata la funzione comunicativa. Oggi, nella scuola “Telemaco”, vi sono generazioni di ragazzi che soffrono: i loro corpi parlano e molte loro scelte comportamentali appaiono errate e senza ritorno.
La presenza di uno sportello di ascolto e supporto psicologico, costante e composto da professionisti di numero proporzionato al bacino di utenza, aiuterebbe gli studenti a far fronte alle loro difficoltà, orientandoli verso la costruzione del loro progetto di vita e verso l’acquisizione di una mentalità metacognitiva necessaria a una maggior consapevolezza di se stessi.
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